Il contratto di locazione immobiliare, se non diversamente convenuto, include anche le pertinenze

Con la sentenza Cassazione civile sez. II – 31/01/2019, n. 2976 la Corte ha ribadito che il contratto di locazione immobiliare, se non diversamente convenuto, include anche le pertinenze.

La pronuncia nel dettaglio ha ad oggetto la seguente vicenda.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Bologna ha confermato una sentenza precedente del Tribunale di Bologna che rigettava la domanda di nullità relativa a contratti di locazione stipulati con l’ACER per locali destinati ad autorimesse, ma che non avevano le caratteristiche necessarie per tale destinazione.
La Corte non ha ritenuto che questi locali fossero pertinenze delle abitazioni assegnate ai ricorrenti, poiché erano stati oggetto di contratti di locazione separati. Questa separazione era stata stabilita da una delibera dell’IACP.
La Corte ha anche escluso la nullità dei contratti per impossibilità dell’oggetto o per violazione di norme imperative, dato che i locali erano stati utilizzati come autorimesse dai conduttori sin dagli anni ‘60.

RAGIONI DELLA DECISIONE

I ricorrenti hanno presentato un ricorso basato su quattro motivi.
Nel primo motivo, i ricorrenti contestano l’esclusione del vincolo di pertinenzialità dei locali e sostengono che questi avrebbero dovuto essere considerati come pertinenze delle abitazioni.
Nel secondo motivo, si solleva la questione della mancanza delle caratteristiche tecniche dei locali per essere utilizzati come autorimesse, sostenendo che il contratto sarebbe nullo.
La Corte ha respinto entrambi i motivi, sottolineando che la destinazione a pertinenza può derivare dalla destinazione oggettiva o dalla destinazione operata dal proprietario. In questo caso, la separazione tra autorimesse e alloggi era stata chiaramente stabilita dall’IACP.
Nel terzo motivo, i ricorrenti hanno sollevato una questione relativa alla carenza di motivazione, ma il motivo è stato giudicato inammissibile.
Nel quarto motivo, i ricorrenti hanno contestato la decisione della Corte di non restituire il prezzo pagato per i locali. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile.
In conclusione, il ricorso è stato rigettato e i ricorrenti sono stati condannati a pagare le spese legali.

DECISIONE FINALE

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e ha condannato i ricorrenti a pagare le spese legali. Inoltre, ha stabilito che i ricorrenti devono versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

 

Ciò premesso vale il seguente principio di diritto il contratto di locazione immobiliare, se non diversamente convenuto, include anche le pertinenze, con la conseguenza che la specifica esclusione del rapporto pertinenziale tra due porzioni immobiliari ad opera dell’originario proprietario di entrambe non consente di affermare la sussistenza del relativo vincolo, pur ove possa apparire ragionevole l’utilità della cosa accessoria rispetto a quella principale“.

Locazione di box auto e clausola risolutiva prevista a favore del locatore in caso di vendita dell’immobile locato

La normativa applicabile

La locazione di un box auto in Italia è regolamentata dalla legge italiana e, in particolare, si rifà in gran parte alle norme del codice civile, oltre a quelle previste per la locazione di immobili ad uso abitativo o diverso da abitativo.

In generale si può rilevare che:

  • Natura Giuridica: La locazione di un box auto è generalmente considerata una locazione di cosa, e il box auto è classificato come un immobile a destinazione speciale.
  • Contratto di Locazione: La locazione di un box auto deve essere regolata da un contratto scritto, nel quale devono essere specificate le condizioni di utilizzo, la durata della locazione, l’importo del canone mensile e le altre condizioni pattuite tra le parti.
  • Durata: La durata del contratto di locazione per un box auto può essere stabilita liberamente dalle parti. In assenza di una specifica durata, si applica la normativa generale sulla locazione di immobili diversi da abitativo.
  • Canone di Locazione: L’importo del canone di locazione può essere liberamente pattuito tra le parti. Esso può essere soggetto a revisione secondo le modalità previste dal contratto.
  • Uso del Box: Il locatario deve utilizzare il box auto esclusivamente per il parcheggio del veicolo e non per altri scopi (ad esempio, come deposito). Eventuali danni al box auto sono di responsabilità del locatario.
  • Tassazione: I redditi derivanti dalla locazione di un box auto sono soggetti a tassazione, e il locatore ha l’obbligo di dichiararli nel proprio modello di dichiarazione dei redditi.
  • Registrazione del Contratto: Il contratto di locazione di un box auto deve essere registrato presso l’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dalla data di stipula. Sono previste sanzioni in caso di mancata registrazione.
  • Cessione del contratto e Sublocazione: Salvo diverso accordo tra le parti, il locatario non può cedere il contratto di locazione a terzi o sublocare il box auto senza il consenso del locatore.
  • Risoluzione e Disdetta: Le cause di risoluzione del contratto di locazione sono quelle previste dalla legge e dal contratto stesso. In generale, il locatore può risolvere il contratto in caso di morosità del locatario, mentre il locatario può recedere dal contratto dando un preavviso scritto, generalmente di almeno 6 mesi, salvo diverso accordo tra le parti.
  • Normativa di Riferimento: La locazione di un box auto segue, in gran parte, le norme previste dal Codice Civile per le locazioni e dalla legge n. 392/1978.

La validità di una clausola di risoluzione a favore del locatore

Una clausola di risoluzione inserita in un contratto di locazione di un box auto a favore del locatore può essere valida, ma la sua effettiva applicabilità dipende da diversi fattori:

  • Motivazione della Clausola: La clausola di risoluzione deve essere chiara riguardo alle motivazioni che possono portare alla risoluzione del contratto da parte del locatore. Ad esempio, una motivazione comune è la morosità del locatario.
  • Proporzionalità e Bilanciamento: La clausola di risoluzione non deve essere vessatoria o sproporzionata. Deve garantire un equilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti.
  • Comunicazione e Formalità: In generale, prima di procedere alla risoluzione, il locatore dovrebbe fornire al locatario una comunicazione scritta, dando a quest’ultimo la possibilità di rimediare alla violazione entro un certo periodo di tempo (ad esempio, pagando l’arretrato in caso di morosità).
  • Clausole Standardizzate: Se la clausola di risoluzione fa parte di clausole standardizzate (ossia pre-impostate e non negoziate tra le parti), potrebbe essere considerata non valida se giudicata vessatoria. Le clausole standardizzate sono soggette a un controllo di validità da parte dei tribunali.
  • Clausole Contrarie alla Legge: Qualsiasi clausola che sia contraria alle disposizioni di legge è considerata nulla. Ad esempio, una clausola che permetta al locatore di risolvere il contratto senza una giusta causa o senza fornire un preavviso adeguato potrebbe essere considerata nulla.
  • Valutazione del Tribunale: In caso di contenzioso tra locatore e locatario riguardo alla risoluzione del contratto, sarà il tribunale a valutare la validità e l’applicabilità della clausola di risoluzione.

Conclusioni

In definitiva il contratto di locazione di un box auto segue le norme generali della locazione stabilite dal codice civile ed il suo contenuto è in gran parte libero e rimesso alla negoziazione tra le parti. Per tale motivo la previsione di una clausola in base alla quel in caso di vendita dell’immobile locato, previa comunicazione con un congruo termine al conduttore, il contratto si risolva è valida.

Coronavirus e recesso dal contratto: i rimedi

“… il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, ha facoltà di recedere in qualsiasi momento dal contratto, dandone comunicazione mediante lettera raccomandata con almeno 6 (sei) mesi di preavviso.”

Quali misure può prendere il conduttore che, in tempi incerti come quelli che ci vedono interessati in questi giorni, si dovesse trovare nella impossibilità di adempiere alla propria obbligazione?

Come abbiamo già detto nel precedente articolo “Coronavirus e inadempimento contrattuale: i rimedi” (link) ci si trova davanti ad una ipotesi di “causa non imputabile al debitore” o forza maggiore che ricorre quando determinati provvedimenti legislativi o amministrativi, emanati dopo la conclusione del contratto per interessi generali (come la tutela della salute pubblica), rendano oggettivamente impossibile l’esecuzione della prestazione, in modo temporaneo o definitivo, indipendentemente dalla volontà dei soggetti obbligati

Tale condizione straordinaria potrebbe considerarsi quale possibilità di recesso dal contratto, superando il termine di 6 mesi contrattualmente previsto per l’avviso di recesso?

Il recesso è l’atto con il quale una delle parti contraenti manifesta la volontà di sciogliere il contratto. Tale facoltà, può essere esercitata solo se espressamente pattuita convenzionalmente (come la clausola di cui sopra) ovvero se prevista dalla legge.

L’esercizio del recesso può essere subordinato all’osservanza di un periodo di preavviso, il quale si pone conseguentemente come limite temporale all’efficacia del recesso e che la funzione di tutelare l’altra parte contrattuale dalle conseguenze negative di un recesso immediatamente efficace.

Il mancato rispetto del preavviso sopraindicato comporta due conseguenze notevoli: per il conduttore, l’obbligo di versare al locatore l’importo pari a sei canoni mensili pari al periodo del mancato preavviso, anche in presenza del rilascio dell’immobile (cfr Cass. n. 18167/2012).

Conseguenza ulteriore a carico del conduttore che recede per gravi motivi, senza dare il dovuto preavviso al locatore, è il risarcimento dei danni subiti dal locatore, a causa dell’anticipata restituzione dell’immobile. L’onere di dimostrare l’inadempimento del conduttore e che l’immobile è rimasto libero e non utilizzato grava sul locatore (Cass. n. 530/2014; Cass. n. 5827/1993).

È dunque possibile per il conduttore recedere dal contratto di locazione senza rispettare il termine di 6 mesi imposto convenzionalmente ma senza anche incorrere nelle sanzioni di cui sopra?

I provvedimenti d’urgenza adottati nelle ultime settimane non contengono norme che regolano questa materia.

La valutazione sulle conseguenze andrà individuata nel caso di specie.

In ogni caso, ricordiamo che per principio generale il conduttore non può sospendere il pagamento del canone, salvo solo il caso in cui l’immobile sia materialmente inutilizzabile.

Se invece l’immobile è in condizioni tali da poter essere utilizzato ed è nella pacifica disponibilità del conduttore, il quale tuttavia non ne può godere essendo vietato lo svolgimento dell’attività per il cui esercizio l’immobile era stato affittato, la situazione cambia. L’impossibilità di svolgere l’attività, non è imputabile a nessuna delle parti: è dovuta ad una emergenza straordinaria di tutela della salute: posso io conduttore congelare la mia sola prestazione di pagamento del prezzo?

È possibile sospendere il pagamento dei canoni di locazione/affitto in periodo di emergenza da Coronavirus?

Si potrà sospendere il pagamento del canone solo se tale facoltà sia prevista dal contratto di locazione o di affitto (in particolare, dall’eventuale clausola che regola i casi di forza maggiore).

Ma con alcuni limiti. Se la forza maggiore fosse prevista nel contratto di locazione o affitto si potrebbe richiedere la sospensione del pagamento dei canoni di locazione solo se espressamente previsto dal contratto e solo per immobili adibiti ad attività colpita da provvedimenti governativi che ne hanno disposto la chiusura totale, tra cui:

  • musei, teatri, cinema, biblioteche, archivi o altri luoghi di cultura;
  • istituti scolastici e di formazione;
  • sale giochi e sale scommesse;
  • discoteche;
  • palestre, centri sportivi, piscine, centri benessere, centri termali.

Per gli altri immobili, non colpiti dai provvedimenti di emergenza, non è possibile sospendere o ridurre i canoni di locazione/affitto, anche se il contratto contenesse una clausola di forza maggiore.

In ogni caso, è bene evidenziare, se la forza maggiore non è prevista nel contratto di locazione o affitto e la situazione di emergenza si protrae per un periodo eccessivamente prolungato:

  • Locazione di immobile colpito da provvedimento di emergenza: per l’immobile locato è stata disposta la chiusura totale, bene potrebbe essere invocata l’impossibilità sopravvenuta (definitiva) con conseguente risoluzione del contratto.
  • Per l’immobile locato è stata disposta la chiusura parziale: potrebbe essere invocata l’eccessiva onerosità sopravvenuta con conseguente rinegoziazione delle condizioni contrattuali oppure risoluzione del contratto.
  • Locazione di immobile non colpito da provvedimento di emergenza: non sembra possibile né sospendere il pagamento dei canoni né ricorrere agli altri rimedi: salvo fondare una richiesta di rinegoziazione del contratto sulla base della applicazione del principio di equità laddove fosse comprovata la eccessiva onerosità sopravvenuta ai sensi dell’art. 1467 c.c. (vedi il precedente articolo link in cui ne abbiamo parlato).

La tutela del conduttore andrà quindi ricercata nella sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione: il conduttore non può, per una causa a lui estranea, utilizzare l’immobile per la ragione per cui lo aveva affittato. Da ciò possono trarsi valide argomentazioni non solo a sostegno della sospensione del pagamento dei canoni di affitto per tutto il tempo in cui saranno in vigore le limitazioni di cui alla decretazione d’urgenza ma anche il diritto di reclamare dal locatore il rimborso della parte di canone non goduto.

Occorre, pertanto, che il conduttore che intenda valersi di siffatta tutela, formalizzi al locatore la sospensione del pagamento del canone: allo stato non vi sono, infatti, provvedimenti che autorizzino la sospensione del pagamento dei canoni di locazione in favore di aziende, imprenditori, associazioni le cui attività sono stato sospese.

 

Appendice di aggiornamento al 19.03.2020

Il Decreto Legge n. 18 del 17.03.2020 (c.d. Decreto “Cura Italia”) introduce, all’art. 91, una disposizione che appare diretta a considerare le conseguenze di un inadempimento qualora le stesse derivino dal “ rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto …”.

Tale disposizione rappresenta un rafforzativo delle disposizioni del Codice Civile che lo stesso art. 1218 richiama direttamente: si tratta delle disposizioni di cui agli artt. 1256 c.c. “impossibilità definitiva o temporanea” e 1258 c.c. “impossibilità parziale”.

L’inciso inserito dal D.L. rileva sia in tema di pagamento dei canoni di affitto che relativamente a tutte le diverse e variegate possibilità di “inadempimento” che possano essere conseguenza dal rispetto delle disposizioni normative d’emergenza emanate in questi giorni.

Questo il testo della norma in esame:

Art. 91 (Disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici) 1. All’articolo 3 del DL 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, dopo il comma 6, è inserito il seguente: “6-bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.“. []”.

Anche alla luce dell’aggiornamento normativo appare difficile sostenere il diritto del conduttore ad un’automatica riduzione del canone. A questo punto, pertanto, qualora si voglia perseguire quel risultato non rimarrà che:

1) chiedere la riduzione del canone in via stragiudiziale;

2) nel caso di rifiuto del locatore, il conduttore potrà convocare lo stesso in mediazione;

3) nel caso di fallimento della mediazione, non rimane che la via giudiziale sostenendo una delle ipotesi più sopra formulate (ossia l’impossibilità parziale sopravvenuta, l’eccessiva onerosità sopravvenuta e la impossibilità temporanea di adempiere alla propria obbligazione dovuta alla impossibilità di svolgere la propria attività per causa non dovuta ad alcuna delle parti).