Le conseguenze negative di un incidente stradale possono riverberarsi su molteplici aspetti della vita quotidiana dei soggetti danneggiati.
Infatti, è ben possibile che la vittima di un sinistro causato da un’auto in transito, a causa della gravità delle lesioni riportate, subisca un licenziamento legittimo per superamento del periodo di comporto, intendendosi con tale termine quell’arco temporale durante il quale il dipendente in malattia ha diritto alla conservazione del proprio posto di lavoro.
Infatti, superato il periodo di comporto, anche per causa non imputabile al lavoratore, il datore di lavoro potrebbe legittimamente licenziare il proprio dipendente senza incorrere in alcun tipo di conseguenza negativa.
Appare dunque ragionevole chiedersi a quale forma di tutela possa avere accesso il lavoratore licenziato a causa del protrarsi dell’infermità generata dall’incidente stradale, considerato che, nell’ipotesi in cui il sinistro non si fosse verificato, avrebbe senz’altro potuto conservare il proprio posto di lavoro.
Al medesimo interrogativo ha fornito esaustiva risposta la Corte di Cassazione, che, con la recente sentenza n. 28071/20, ha chiaramente identificato la misura del risarcimento spettante alla vittima del sinistro stradale nel caso in cui la perdita dei redditi da lavoro sia conseguenza immediata e diretta dell’incidente.
In particolare, laddove il danneggiato dimostri di avere perduto un preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui era titolare, a causa delle lesioni conseguenti ad un illecito, il danneggiante è tenuto a corrispondere una somma pari a tutte le retribuzioni (nonché di tutti i relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici) che il danneggiato avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in base a quello specifico rapporto di lavoro, in misura integrale.
In tal caso, nell’interpretazione fornita dalla Cassazione, il risarcimento non può essere parametrato alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica accertata come conseguente alle lesioni permanenti riportate; deve bensì avere ad oggetto la totalità delle somme che sarebbero state corrisposte al lavoratore a titolo retributivo e contributivo.
L’unico limite alla responsabilità del danneggiante è costituito dall’ipotesi in cui questi riesca a dimostrare che il danneggiato abbia di fatto reperito una nuova occupazione retribuita, ovvero che, pur potendo farlo, non lo abbia fatto per sua colpa. Al verificarsi di tale ultima circostanza, il danno potrà essere liquidato esclusivamente nella differenza tra le retribuzioni perdute e quelle di fatto conseguite o conseguibili in virtù della nuova occupazione.